Ho proprio avuto un bel insight!!

Ho proprio avuto un bel insight!!

Il tutto è più della somma delle parti

Questo il motto iniziale della scuola della gestalt. Alla fine di questo articolo capiremo cosa i gestaltisti intendono con questa frase…

Vorrei partire parlando di pensiero dandone una definizione:

Il pensiero è una funzione mentale che consente di formulare concetti, ragionamenti e risolvere problemi. La categorizzazione è alla base dell’attività di pensiero. Oggetti, idee e situazioni vengono ordinati e classificati in categorie, ovvero simboli che rappresentano classi di oggetti e di eventi aventi qualità comuni riducendo così le variabili da esaminare ed economizzando sulle risorse mentali (Bruner, 1956).

Eleanor Rosch ha elaborato il concetto di “economia cognitiva” secondo cui il pensiero cerca di operare il modo più efficiente possibile, servendosi di esemplari proto tipici allo scopo di risparmiare risorse.

Il pensiero può essere concepito come il linguaggio della mente e a volte parla improvvisamente attraverso l’insight. Quante volte ci capita di arrovellarci in una situazione per trovarne poi la soluzione in un lampo!

L’insight

Il fenomeno dell’Insight è stato scoperto da Kohler (1929) grazie agli esperimenti con gli scimpanzé e consiste nel trovare una soluzione nuova ai problemi. Si manifesta attraverso una ristrutturazione del campo percettivo grazie alla quale si è in grado di individuare capacità e modi d’uso precedentemente celati.

Gli esperimenti condotti dallo psicologo con gli scimpanzé consistevano nell’osservazione del loro comportamento in una situazione problematica quale quella di raggiungere del cibo posto fuori da una gabbia e non raggiungibile senza l’ausilio di uno strumento.

Durante tali prove risultò evidente che le azioni degli animali tendevano a una soluzione ottenuta con una strategia non casuale: riuscivano infatti ad ottenere il cibo impiegando un bastone (strumento) per avvicinarlo alla gabbia, evidenziando un atto di intelligenza tale da ristrutturare il campo cognitivo attraverso un atto di insight.

Wertheimer (1945), altro esponente della Psicologia della Forma o Gestalt, introdusse il concetto di pensiero produttivo secondo il quale la produttività è una riformulazione del pensiero per una migliore comprensione della situazione. A questa forma di pensiero si contrappone il pensiero meccanico che si attua applicando regole note. Sono riconducibili a questa distinzione la suddivisione che differenzia il pensiero creativo con scarsi vincoli, dal pensiero rigido che si limita all’elaborazione e ordinamento delle informazioni e la distinzione tra pensiero divergente capace di risposte flessibili e soluzioni originali e pensiero convergente che si limita ad utilizzare le informazioni note in vista di una sola risposta corretta.

Cos’è il problem solving

I gestaltisti inoltre hanno indagato, con Duncker (1945) il costrutto del problem solving: una delle variabili fondamentali del pensiero, che si configura come la capacità di generare mentalmente delle alternative rispetto alla risoluzione di un problema. Gli autori hanno identificato al suo interno le seguenti fasi: fase preoperatoria e fase di incubazione, che prevedono che la persona possa continuare a pensare ai termini del problema anche quando non sta attivamente meditando su quello; fase di insight, ossia di improvviso reperimento di una soluzione tramite intuizione; fase di verifica. L’autore inoltre, ha introdotto un’ulteriore distinzione tra pensiero analitico e pensiero sintetico. Il primo ragiona in modo logico e graduale, trovando conclusioni da premesse date, mentre il secondo tipo di pensiero sintetico consiste nell’avere una visione d’insieme connettendo in modo originale gli elementi così da farne scaturire nuove conclusioni. Questo tipo di pensiero si avvicina molto al concetto di insight. Ciò che ostacola l’insight, secondo Duncker è la fissità funzionale che consiste nell’inerzia in rigide abitudini radicate e la tendenza ad applicare in modo rigido schemi a problemi che ne richiedono nuovi ed innovativi. Quante soluzioni nuove troveremmo se non fossimo rigidamente attaccati ai nostri schemi? Quante nuove scoperte?

Tornando al problem solving, esso richiede la scomposizione di un obiettivo in sotto-obiettivi che possono essere raggiunti più facilmente. Gran parte di ciò che conosciamo sulle strategie di scomposizione degli obiettivi proviene dalle ricerche di Newel e Simon (1972) confrontarono l’output del computer con l’approccio al problema dei soggetti identificando una serie di strategie per il raggiungimento di scopi generali. Il comportamento del solutore di problemi può essere descritto secondo una sequenza di stadi che conducono ad individuare attraverso quale percorso si può passare dalla situazione di partenza alla soluzione. Per trovare questo percorso occorre considerare:

lo stato iniziale: da quale il problema prende avvio;

lo stato finale: obiettivo da raggiungere;

gli operatori: possono essere applicati allo stato del problema al fine di trasformarlo;

i vincoli: pongono le condizioni perché il processo solutorio possa dirsi soddisfacente.

Lo spazio del problema è rappresentato dalla serie di tutti gli stati che potenzialmente sono raggiungibili attraverso l’applicazione degli operatori disponibili. La soluzione è data dalla sequenza di operatori che possono trasformare lo stato iniziale del problema in quello finale nel rispetto dei vincoli dati.

All’interno dello spazio del problema è possibile adottare due tipi di strategie: algoritmi e metodi euristici. La procedura algoritmica nell’attivazione sistematica e nell’esplorazione di tutte le possibili vie di soluzione; gli algoritmi presentano il vantaggio di assicurare sempre la risoluzione del problema ma richiedono tempo ed hanno il limite di non poter essere applicati a situazioni in cui si ha uno spazio problematico molto esteso.

Pensiero strategico

Una strategia consiste nel ridurre la differenza tra la condizione attuale e la meta ed è chiamata metodo della riduzione della differenza. Un altro modo di procedere è la strategia mezzi-fini che comprende i seguenti passaggi così come elaborati da Simon (1978):

confronto dello stato attuale con lo stato finale ed identificazione delle differenze tra i due;

selezione di un operatore che possa ridurre tale differenza;

applicazione dell’operatore;

ritorno al primo passaggio.

Molte situazioni quotidiane di problem solving implicano questa strategia.

Un’altra strategia è il ragionamento all’indietro dove si procede partendo dallo stato finale per individuare quale operazioni favoriscono la risoluzione.

Il campo di applicazione delle strategie euristiche è la soluzione di problemi matematici e logici e dei così detti step-by step problem.

La capacità di risolvere un problema non dipende solo dalla strategia di scomposizione ma anche dal modo in cui lo rappresentiamo. Alcuni problemi si possono risolvere rapidamente utilizzando le proposizioni oppure le immagini.

La maggior parte dei soggetti incontra difficoltà nella soluzione del problema perché l’assetto mentale può fungere da ostacolo: Abbiamo parlato di Fissità Funzionale (Dunker,1953).

Perché ci ostiniamo a fare le cose sempre nello stesso modo?

Perché non vediamo la soluzione dei problemi neanche quando ce l’abbiamo davanti?

E come si fa a fare lavorare il nostro cervello in maniera creativa e intelligente?

Per rispondere a tutte queste domande bastano una candela, una scatola di puntine da disegno e dei fiammiferi.

Ti starai chiedendo che senso ha?

Lo scoprirai ascoltando il racconto del problema della candela di Duncker.

Un esperimento

Nel suo notissimo “problema della candela”, a ciascuno dei partecipanti Duncker presentò per prima cosa una serie di oggetti su un tavolo:

una candela;

dei fiammiferi;

una scatola di puntine da disegno.

Gli chiese quindi di utilizzarli per collocare la candela sul muro in maniera che, una volta accesa, la cera non colasse per terra.

Ecco sul tavolo le puntine, la candela e i fiammiferi. Come fai a mettere la candela sul muro e tenerla accesa senza che sgoccioli per terra?

Prova a risolvere questo quesito!

Molti dei partecipanti cercarono di attaccare la candela al muro in vari modi e posizioni, utilizzando le puntine e la cera stessa della candela, dopo averla sciolta grazie ai fiammiferi.

I risultati furono mediocri, perché nel migliore dei casi la candela non solo sgocciolava a terra, ma cadeva giù dopo una manciata di secondi.

Pochissimi invece arrivarono all’ovvia soluzione:

Svuotare la scatola delle puntine;

Attaccare la scatola al muro con le puntine stesse;

Mettere la candela dentro la scatola;

Accenderla e dimostrare di aver risolto il problema.

Ristrutturazione

Ristrutturare una situazione ed essere capaci di rappresentarla mentalmente in una determinata maniera è spesso la chiave della soluzione (Gestalt).

L‘originalità consiste nella capacità di trovare risposte insolite o uniche, cioè risposte cui in genere le altre persone non pervengono.

Tornando al motto dei gestaltisti: “Il tutto è più della somma delle singole parti” (Zerbetto, 1998), adesso capiamo che la totalità del percepito è caratterizzato non solo dalla somma dalle singole attivazioni sensoriali, ma da qualcosa di più che permette di comprendere la forma nella sua totalità. Lo abbiamo visto negli scimpanzè e nel problema della candela e lo vediamo ogni volta che dobbiamo trovare una soluzione originale ad un problema.

Buon Insight!

 

Erika Firrincieli

Studio Psychè

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    Bibliografia

     

    Bruner, J. S., Goodnow, J. J., & Austin, G. A. (1956). A study of thinking. John Wiley and Sons.

    Duncker, K. (1945). On problem-solving (L. S. Lees, Trans.). Psychological Monographs, 58(5), i–113.

    Kohler, W. (1929). Gestalt psychology, an introduction to new concepts in modern psychology. New York: Liveright.

    Newell, A., & Simon, H. A. (1972). Human problem solving. Prentice-Hall.

    Simon, D. P., & Simon, H. A. (1978). Individual differences in solving physics problems. In R. S. Siegler (Ed.), Children’s thinking: What develops? (pp. 325–348). Lawrence Erlbaum Associates, Inc.

    Wertheimer, M. (1945). Productive thinking. Harper.

    Zerbetto R. (1998) La gestalt. Terapia della consapevolezza, Xenia, Pavia.

     

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